lunedì 14 marzo 2011

Intervista su "fuori le mura", Danilo Supino


Di seguito publichiamo l'articolo scritto da Danilo Supino per fuori le mura sull'esposizione "Uno sguardo sull'Iran"


In occasione della festa della donna, a Roma anche cinema e arte danno il loro contributo alla celebrazione dell’8 marzo. Alla Biblioteca Rispoli, l’Associazione Alefba con Cristina Bianciardi, Alice Miggiano, Leyla Vahedi e il contributo di Gaudia Sciacca, hanno organizzato una breve rassegna di film dal titolo Uno sguardo sull’Iran. Omaggio alla donna nel mondo. Sono stati scelti per l’evento, Dieci (Dah, 2002) di Abbas Kiarostami, candidato alla Palma d’oro al Festival di Cannes, e Donne senza Uomini (Zanan-e bedun-e mardan, 2009) di Shirin Neshat, vincitore del Leone d’oro a Venezia per la miglior regia; seppure recenti già due classici, immediatamente entrati nella cinematografia che conta.

Sempre nei locali della Biblioteca Rispoli per l’intera settimana, Leyla Vahedi ha esposto i suoi lavori (tutti senza nome, “perché è il quadro ad esprimere il concetto non il titolo”), fresca di una recente esposizione all’Italia Film. Giovane pittrice italo-iraniana dalla produzione eterogenea e sperimentatrice di nuove tecniche. Figlia d’arte, dipinge sin da piccola nel laboratorio del padre Hassan anch’egli pittore, formatasi e cresciuta con le sue immagini divenute parte integrante della sua arte, per dirla con le parole di Leyla “credo che gli artisti non debbano nascondere i propri debiti, in particolar modo quando i maestri e i padri sono così incisivi. Credo nella trasmissione dei saperi, delle tecniche, delle immagini. Come si trasmette la lingua, così i repertori simbolici. Come la lingua si evolve, si modifica e si stravolge, così le immagini. Sicuramente la mia pittura parla la stessa lingua di quella di mio padre e di quella delle più concrete avanguardie artistiche novecentesche”.
Disponibile, Leyla Vahedi ci ha concesso una breve intervista.
Qual’è il tuo rapporto con l’Iran, e quanto c’è della tradizione persiana nella tua pittura?
Ciò che di persiano c’è nella mia pittura è proprio il repertorio simbolico. Sono stata spesso in Iran, in diverse città, ma non ho mai vissuto lì, dunque ciò che ho è quel che sento da lontano, purtroppo, nonostante con le mie zie lì mi senta davvero a casa. Nei primi anni universitari ho cercato di conoscere in maniera più approfondita la cultura iraniana, in particolare la letteratura classica, la poesia. Mi sono appassionata agli animali fantastici, ai fiori e ai frutti dei bestiari, alle miniature classiche, alle decorazioni che si ritrovano nei tappeti e nell’artigianato. Quando penso all’Iran, immediatamente penso alle cene, al soffrè apparecchiato, ai giardini, ai pellegrinaggi nei mausolei dei poeti. Penso ai melograni edenici raffigurati sui tappeti delle popolazioni nomadi, al turchese delle piastrelle delle moschee, alla calligrafia. Questo repertorio fa parte del mio modo di guardare la realtà.

fig.2, di Leyla Vahedi
In un tuo quadro (fig.2) associ alla figura della donna, il cuore e l’ulivo, una scelta iconografica significativa.
Per quanto riguarda l’iconografia, non c’è molto da spiegare.
Credo fermamente che le immagini parlino da sé, siano autosufficienti e esaurienti in sé, senza bisogno di esser motivate da una precisa scelta. Ci sono sicuramente delle immagini che amo, che fanno parte del mio modo di vedere il mondo e che provengono dalla pittura di mio padre, dai maestri espressionisti, dai grandi del novecento e dalla quotidianità.
C’è qualcosa di vegetale nella trasmissione dei saperi, delle tecniche, nel germogliare delle passioni, che siano politiche, mistiche o pittoriche. Dunque spesso nei miei quadri e nelle mie incisioni, schizzi, disegni ci sono rami e foglie che partono da volti, profili, corpi. Di questo me ne sono accorta a posteriori, dopo aver notato che spesso questa modalità si ripresentava. E’ senza dubbio la contaminazione, la crescita, la rielaborazione di un’eredità, la trasmissione.
Ma questo te lo dico un po’ dall’esterno, appunto non è assolutamente stata una scelta iconografica su cui ho ragionato a priori.
Ho notato in alcuni tuoi lavori (fig.1, fig.2) la presenza di due volti. Qualche riferimento al doppio?
Il doppio/la maschera: anche questo è un riferimento a posteriori, qualcosa che prepotentemente è emerso pittoricamente prima che razionalmente in me. Che tutti siamo persone scisse è convinzione comune. Che inoltre in ogni persona si combattano forze opposte strenuamente, è ciò che nella mia piccola esistenza m’è sembrato di esperire. Questo è qualcosa di molto intimo e allo stesso tempo comune, sociale, perché le sue ripercussioni sono sociali.
I due volti corrispondono a quello che in altri quadri o incisioni sono uccelli o serpenti dalle due teste, immagini tutte della mondanità, del cammino terrestre, del combattimento incessante che ognuno esperisce, o combatte, o asseconda, o ignora…
Mi hai detto che le figure femminili dei tuoi quadri hanno una velata pretesa di autoritratto. Chiarissimo, ma cosa ti rappresenta di più nei tuoi quadri?
I colori forse? Non saprei dirti, accetto pareri! L’autoritratto è sicuramente un tema interessante e iper studiato anche qui, non so se la cosa ti deluderà, ma è qualcosa di cui mi sono resa conto successivamente: alla lontana mi sembra che ogni personaggio femminile dei miei quadri assomigli a me, e ogni uomo al mio ragazzo! E questo nonostante da tempo settimanalmente mi esercito con una modella e con un modello, arrivando a conoscere ogni più piccolo loro dettaglio a memoria, loro non trovano accesso nei miei quadri!

fig.3, di Leyla Vahedi
Hai in progetto lavori futuri?
Continuare a fare mostre in appartamenti privati .Rifiuto categoricamente le gallerie e la piccola fetta di pubblico cui si rivolgono, perciò mi piace esporre in luoghi attraversati da lavoratori -come Italia Film-, da studenti -biblioteche, scuole, accademie -, amici -case private in attesa di essere restaurate, sfitte o da inaugurare. Con un’amica e collaboratrice dalla scorsa estate abbiamo preso in affitto un appartamento in cui, in un grande salone, organizziamo diverse cose: sala di posa fotografica, classe autogestita di nudo settimanale, spazio espositivo ecc. Vorrei dunque organizzare lì una mostra della classe di incisione, frequento il biennio di incisione al S. Giacomo, scuola di arti e mestieri del comune di Roma, dall’inizio dell’anno sono stati prodotti lavori davvero carini che mi sembra divertente esporre, anche solo per testimonianza della ricerca e dello studio, si potrebbe chiamare “Come nasce una tecnica”.

fig.4, di Leyla Vahedi
In estate una mostra a Capalbio, per la quale ancora devo decidere cosa esporre, credo lavorerò a qualcosa di nuovo espressamente per quello spazio. Inoltre, curare più da vicino l’attività di mio padre, il quale nell’ultimo mese ha fatto una ventina di grandi sculture in legno molto suggestive che vorrei esporre. Poi, trovare il modo di esporre una serie di lavori che ho ritrovato insieme alla famiglia di un pittore morto una decina d’anni fa, Paolo Montorsi e organizzare delle attività con i bambini utilizzando come spunto le sue opere; ha lavorato molto su Pulcinella e sul grottesco e i suoi quadri sono abbandonati in cantine polverose e umide… sono lavori davvero incredibili, di grandi dimensioni e grande impatto.
E infine, continuare a dedicarmi all’incisione e alla stampa. Il mio sogno è metter su una stamperia d’arte-tipografia, anche se so di essere profondamente anacronistica!

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